venerdì 26 novembre 2010

Aquila. Nec recisa recedit



Data 6 aprile 2009 Ora 3:32:39 (CEST) Profondità 8,8 km Epicentro Tra L'Aquila, Tornimparte e Lucoli (AQ, Italia)42°22′N 13°28′E / 42.367°N 13.467°E / 42.367; 13.467(Terremoto del 6 aprile 2009) Nazioni colpite Italia Intensità Mercalli VIII-IX Tsunami No Vittime 308 morti,[1] 1500 feriti e 65.000 sfollati.
Il capobranco seguì il gattino Lillo. La palletta di pelo scura come friabile nero di scisto si sentiva strano dalla notte prima, dal 5 aprile 2009.
Ero sveglio il 6 mattina dalle due e qualcosa, rovesciato su un divano dove strapazzavo la coperta porporina dell’insonnia. Poi cigolò la rete e il lampadario.
Lillo sentì piovere calcinacci come la grandine di ferragosto, intere abbazie sbriciolate, correva forte. Fabrizio telefonava ai parenti al centro città, ma le linee erano interrotte. Piangeva ed era un uomo avvezzo, un abruzzese tosto un uomo della montagna scolpito dal carbone e dalla paura. Correva e andò alla casa del padre. Si, era ancora vivo, respiravano i fornelli, si sentiva la puzza di una bomba. La cattedrale di San Massimo era sventrata da dentro, gli affreschi caduti sugli inginocchiatoi, gli inginocchiatoi reclinati come un cavallo ferito in una giostra di un picasso. Lillo aveva lasciato il branco lì fuori e solo il corpo, ed era un fulmine di periferia, mentre i vicoli piegavano quella smania silenziosa, quell’appartenenza al cuore ancestrale della sua città, quelle ciotole e gli inginocchiatoi gli fornivano l’ identità assoluta, erano la culla dei sogni e delle battaglie. Nec recisa recedit (neanche spezzata retrocede).
Marina aveva partorito da poco, aveva il mutuo e una vita già incerta, fatta di rinunciare alla pizza il sabato, fatta di venerazioni ingenue alla madonna, il suo cuore era innaffiato dalla dolcezza delle lacrime. Luigi lo perse così, ritrovato vicino alla stufa in un abbraccio incomprensibile. Perse il marito che aveva 29 anni e lei 21, soffiava il traghettatore della morte.
Enrico portava gli avanzi delle notti a Lilletto e alla truppa, Caronte lo prese mentre aveva una bustaccia di plastica con dentro pane raffermo, grasso di carne e lischette di triglie. Cadde una insegna che gli fracassò l’osso occipitale, si sentivano le urla delle prime ambulanze, si bazzicava il fuggi fuggi in quella violenza che ancora non si percepiva nel montare notturno dell’orrore.
Lette le prime ansa, compresi. gli uomini e le donne di buona volontà seppero da subito che si trattava di una immane tragedia, seppero subito che sarebbe stata una tragedia dimenticata prima di cominciare.
PISCICELLI: si
GAGLIARDI:...oh ma alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito...non è che c'è un terremoto al giorno
P:..no...lo so (ride)
G:...così per dire per carità...poveracci
P:..va buò ciao
G:...o no?
P:...eh certo...io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro il letto
G:...io pure...va buò...ciao.

Enzo faceva il portantino al San Salvatore, le carovane di feriti arrivati da soli, trasportati da ambulanze e camionette, dalle auto dei familiari. Si fece 30 gessi da solo in una notte e non smise finché non lo portarono via di forza per “pericolo crolli”. Enzo non sapeva che il martirio gli aveva sbriciolato la casa e che ora sarebbe stato davvero solo. In quella notte il tempo sbriciolò tutto in un frame immoto. Il suo pericolo crolli era avvenuto e vaffanculo fatemi aiutare gli altri. Urlava.
“Madre dolcissima, portami nei prati silenziosi, accompagnami negli acquitrini del Fucino in una cantilena di fiori. Madre dolcissima, recami il conforto della tua mano di misericordia, recami nel cielo dei giusti, lasciami insieme ai mie cari defunti al cospetto delicatissimo dei santi.” Maria recitava la sua preghiera ogni sera, prima di svestirsi e andare a letto. Viveva con un figlio che non aveva ancora impiego, gli altri due erano vigili del fuoco e la veneravano, stavano insieme sempre e per sempre al pranzo della domenica. Ad Onna non canteranno più le sue parole, inghiottite dalla travatura di legno della stanza delle preghierine. Di fronte, un solo corpo abbracciato di due ragazzi di sedici e diciotto anni, fuggiti a trovare l’amore in un borgo di fantasie stupide come l’amore che duripersempre . Non sentirono nessun dolore. Nec recisa recedit

"Se parliamo di sollecitazioni di grado e accelerazione pari a quelle registrate all'Aquila, il cemento armato, se fatto a regola d'arte, deve reggere. Non si discute". Dunque, non è neppure un problema di rispetto di norme antisismiche. È un problema di cemento. P. C. è d'accordo. "Purtroppo è così - dice - Quel cemento non era di qualità". Incapace di assorbire e disperdere energia, si è sfarinato come pasta frolla non appena investito da una forza di accelerazione che - spiegano gli addetti - è stata, domenica notte, tutt'altro che irresistibile.

Lillo e il branco felino non discussero mai di politici e di preti, di parlamento e di curie, di protezione civile e di onoranze funebri di altissimi prelati. Erano gatti scafati e ci vuole pochissimo a sapere che è solo gente che ci vuol mettere il cappello. E lo fa male, con la faccia di bronzo e non si dice altro perchè i gatti son brave persone. Nelle briciole di oggi hanno solo un impegno gattabondo da condividere: riconsegnare casa, lavoro, dignità a un popolo che ha troppo penato e che ha continuato a portare loro gli avanzi e i pescetti più buoni, trattenuti e chissà come, da chi ha un’anima senza fine. Dare di nuovo Aquila agli aquilani.
Vestiti messi ad asciugare da una ragazza con il volto scavato in un sorriso, ha un bimbo di tre mesi e il sole la bagna e la fa bellissima. Si specchia la neve di novembre sulle parziali bellezze di passaggio, le oche e le gru dipingono il cielo di certezze, e impreziosiscono le piume.
Lillo e il suo branco svelto di spettinati mici, maneggiano chi una matita, chi un taccuino od una penna, chi una vanga e una carriola. Semplicemente e senza smettere un istante e fino a che, tutto sarà di nuovo, semplicemente “giusto”. Nec recisa recedit.

Angelo Meschini

giovedì 11 novembre 2010

L'Unità del 11/11/2010

«Macerie di democrazia»: l'Italia a L'Aquila il 20 novembre
di lu.ci.
Diciannove mesi dopo le 3.32 del 6 aprile 2009 gli aquilani fanno duramente i conti con una ricostruzione che non c’è, non è mai iniziata e non si vede all’orizzonte. Si sentono all’«epicentro della crisi» che coinvolge il paese intero e chiamano a raccolta tutti gli italiani per una grande manifestazione indetta per il 20 novembre nel martoriato centro del capoluogo abruzzese. Doppia è infatti la piattaforma delle rivendicazioni: una strettamente inerente agli immensi problemi degli abitanti del bacino colpito dal sisma, lasciati soli nonostante la propaganda del governo.«Solo per fare un esempio – dice Annalucia del comitato “L’Aquila Anno 1” – il Governo ci fa tornare a pagare la tutte le tasse, saremmo trattati meglio se fossimo stati evasori, che riportano il capitale in patria con il 5%». L’altra piattaforma fa appello al resto del paese, «perché la situazione dell’Aquila - dice ancora Annalucia,– non è solo un problema locale ma è il paradigma di tutte le crisi italiane, il denominatore comune sono le emergenze gestite con le deroghe, con i commissariamenti, con gli appalti della Protezione Civile fuori ad ogni controllo democratico e costituzionale». A questo si lega indissolubilmente, secondo gli aquilani, il discorso sullo scempio dei territori.«All’Aquila , a fronte di un centro storico abbandonato, c’è stata un’enorme speculazione edilizia e ancora rischiamo opere inutili, ma anche nel resto d’Italia in nome di un presunto sviluppo si devastano interi paesi, vedi il ponte sullo Stretto, mentre l’unica vera opera pubblica che servirebbe è la messa in sicurezza del territorio per far si che non avvengano più tragedie». Un accenno poi alla precarietà che «devasta l’Italia ma che è drammatica all’Aquila».«Aumentano solo affitti, cassa integrazione e speculazione – si legge nel manifesto - vogliamo politiche pubbliche per non emigrare». Infine il capitolo chiamato “propaganda e censura”. «L’Aquila è stata teatro di una grossa operazione mediatica che ha nascosto la realtà, ha sbandierato un’efficienza che non c’era (era tutto a posto così come sono spariti i rifiuti a Napoli, no?) e ha soffocato il dissenso», commenta ancora Annalucia portando a conforto i dati dei tg nazionali che hanno «oscurato tutte le nostre manifestazioni tra cui quella del 16 giugno dove hanno partecipato tutte le istituzioni locali e la curia e che quando non ci oscurano ci criminalizzano come è successo con gli incidenti del 7 luglio a Roma, dove siamo stati manganellati senza motivo».«Noi crediamo – sintetizzano insomma i comitati dei cittadini che hanno indetto la manifestazione – che L’Aquila sia l’esempio di quel che il governo stia facendo all’Italia tutta per questo abbiamo voluto chiamare il corteo del 20 “Macerie di democrazia”». Durante la manifestazione comincerà la raccolta delle 50 mila firme necessarie alla presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare elaborata dai cittadini dell’Aquila per una ricostruzione della città trasparente e partecipata che trasformi la “politica dell’emergenza” in una “politica della prevenzione” in tutta Italia e per tutti i disastri ambientali e naturali.
11 novembre 2010